Autofagia: Il Processo Metabolico Per La Longevità E La Salute
Che cos'è l'autofagia?
Che cosa significa questo termine poco comune?
L’autofagia è un processo catabolico che ci appartiene da sempre, ma sul quale stiamo gettando uno sguardo “attento” solo in questo ultimo periodo.
Il diffondersi esponenziale del problema dell’obesità nel mondo, “costringe”, ogni giorno, milioni di persone. a cercare un metodo efficace per dimagrire, stare bene e salvarsi la vita.
Utilizzare al massimo il proprio potenziale di autoguargione, perdere peso e combattere l’invecchiamento precoce. Questi sono i “mantra” a cui si lega la conoscenza sempre più approfondita dell’autofagia cellulare.
"Il corpo umano vive attraverso questo processo di autodecomposizione, che è una forma di cannibalismo. Cerca di mantenere un equilibrio delicato fra costruzione e distruzione. E questo è quello che in fondo caratterizza la vita"
Yoshinori Osumi
Autofagia: Significato Del Termine
“Autofagia” è un termine che letteralmente significa “mangiare se stessi” e in questa guida, voglio circoscrivere quel meccanismo di “riparazione” e “ripulitura” cellulare da tutti i danni causati e dagli scarti accumulati che ci può permettere di vivere più a lungo e soprattutto in salute.
In parole povere l’autofagia è il disintossicante naturale del tuo corpo. Un processo biologico che esiste dai tempi in cui, i primi organismi monocellulari sono comparsi sulla terra. Un meccanismo da cui, con l’avvento dell’agricoltura intensiva e della conseguente abbondanza di cibo, abbiamo perso il contatto “naturale”.
Un legame che avevamo costruito, non tanto con il pensiero e la coscienza dei benifici che apportava, ma per la “forzata” assenza di cibo o per lo meno per la sua disponibilità non scontata. Per migliaia di anni siamo stati abituati a non mangiare tutti i giorni, a stare senza cibo per periodi protratti. In quella situazione abituale, le cellule del nostro corpo hanno imparato a estrarre energia con altri metodi come quello di “attaccare” gli organelli danneggiati, i grumi di proteine e le varie tossine sparse per il corpo, che è l’azione che sta alla base dell’autofagia.
E per migliaia di anni abbiamo imparato a stare in salute facendo questo. Ecco perché, l'autofagia è un processo metabolico che dobbiamo riscoprire.
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Digiuno, Autofagia e Longevità
Con l’avanzare dell’età, il tuo corpo è sottoposto a parecchi cambiamenti che vanno a comporre il processo naturale dell’invecchiamento. La tua pelle perde elasticità, tendi ad ingrassare e cala la tua resistenza allo sforzo.
Sappi che l’autofagia può rivelarsi il migliore dei tuoi amici. Permetterà alle tue cellule di stabilire una fondamentale “routine” di pulizia attraverso la quale diventerenno più funzionali ed efficienti. E tu, così, resterai “attivo” più a lungo.
L’autofagia cellulare ti consente inoltre di perdere peso rimanendo pienamente all’interno di un progetto di salute generale. Essere magro non è solo una questione di avere un aspetto migliore e più attraente, ma un indicatore preciso del tuo grado di benessere.
Non sono certo io ad aver scoperto che gli obesi sono maggiormente esposti alle malattie cardiache, agli ictus e all’invecchiamento precoce. Stimolare consapevolemnte il processo dell’autofagia è la chiave per rimanere magri, belli e in salute per lungo tempo.
Ma è un processo catabolico che non ti apporterà solo benefici visibili (magrezza e salute della pelle) ma anche vantaggi in situazioni di cui non facciamo attenzione per anni per poi ritrovarvisi invischiati in mezzo, tra mille difficoltà.
Sto parlando di affezioni debilitanti come l’Alzheimer e il Morbo di Parkinson. Ma sto parlando anche della possibilità di avere a disposizione un “pompiere” efficiente che non permette ad un eventuale infiammazione di cronicizzarsi. Un metodo di prevenzione contro una quantità di possibili malattie impressionante.
Se non hai mai fatto pratica del digiuno e ti alleni molto poco, probabilmente hai già accumulato una quantità di tossine e materiale cellulare di scarto che restano un pesante fardello per la tua salute futura.
La tua fortuna, è che, in queste righe, troverai tutte le informazioni necessarie per riportare il tuo organismo al funzionamento che ha avuto per migliaia e migliaia di anni.
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L’Effetto Antinvecchiamento: L’Autofagosoma e il Lisosoma
La maggior parte dei testi sull'autofagia ci parla del modo in cui le nostre cellule si ripuliscano dalle tossine, ma non entrano nello specifico.
Non è solo il processo di smaltimento delle tossine a rendere l'autofagia così “vitale” per noi, ma è anche il meccanismo di sostituzione cellulare, a garantirci una salute più duratura.
Affinchè tutto abbia inizio, le cellule devono essere messe in uno stato di stress. E qui, il digiuno programmato si staglia come uno dei principali metodi di stimolazione dell’autofagia.
Con le cellule “stressate” il processo di autofagia inizia con la costruzione della struttura dell’autofagosoma. Una formazione organica che viaggia all’interno della cellula alla ricerca di elementi da trasformare come scarti proteici, organelli e tossine provenienti dall’esterno.
A quel punto entra in gioco un’altra struttura cellulare: il lisosoma
Per capirci, se l’autofagosoma è il mezzo che porta gli elementi da sintetizzare allo stomaco cellulare, il lisosoma è lo stomaco stesso. Con la fusione tra i due, tutto quello che è stato “raccattato” di inutilizzato, viene scomposto e riutilizzato.
L’equazione fondamentale da fissare è questa: più resti a digiuno, più farai rimanere stressate le tue cellule e più gli autofagosomi saranno numerosi e resteranno in vita.
Per stabilire un tetto massimo, la ricerca ha fissato in 36 ore di digiuno l’arco temporale di crescita e proliferazione degli autofagosomi.
Andare oltre significa “spegnerne” gli effetti benefici.
Di certo, non tutto è chiaro di questo processo catabolico. La cosa che sta emergendo è la fase finale dell’autofagia: la capacità di ricostruzione cellulare utilizzando gli scarti cellulari.
Non si sta parlando solo di pulizia e smaltimento, ma di una specie di riciclo del rifiuto che può aprire davvero nuove porte sulla conoscenza che abbiamo del processo di invecchiamento.
In questi tre stadi, autofagosomico (raccolta del rifiuto), lisosomico (smaltimento del rifiuto) e di riciclaggio cellulare può nascondersi il più potente dei segreti dell’antinvecchiamento.
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Autofagia: Il Supereroe Che Lotta Contro Il Male E Pensa Al Tuo Bene
Circolano idee erronee su cosa sia l’autofagia cellulare e sui suoi potenziali benefici.
In tanti si focalizzano sulla sua capacità di liberare il corpo dalle tossine. Fermarsi qui, però, potrebbe farci correre il rischio di non aver compreso bene l’importanza che potrebbe avere per la nostra salute, il saper stimolare il questo processo catabolico.
Le tossine non sono solo quelle che ci arrivano dall’esterno, ma anche tutti quegli scarti proteici e quegli oraganelli inutilizzati che, nell’accumularsi, vanno a creare disordine e ostacoli nel normale funzionamento cellulare.
Pensa alla pericolosità degli accumuli di scarti proteici nelle cellule neuronali del cervello a cui, tanta ricerca, collega l’origine delle maggiori malattie neurodegenerative che affliggono la nostra società odierna, prima tra tutte l’Alzheimer.
In assenza di un processo autofagico performante questi accumuli diventano estremamente nocivi, non solo nel cervello ma in tutto il corpo. Per esempio ostacolano la produzione del collagene esponendo la nostra pelle all’invecchiamento precoce. Per esempio ridurrai la tua capacità fisica perché le cellule dei tessuti muscolari non vengono prontamente riparate e sostituite.
Considera l’autofagia non solo come il “supereroe” che combatte contro il male (l'accumulo di tossine) ma anche come il “superagente” che costruisce il bene (la riparazione e sostituzione cellulare). Un potentitssimo strumento antinvecchiamento che la natura ci ha regalato.
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Autofagia: Come Innescarla
Il Digiuno
Il metodo più noto per stimolare il processo catabolico dell’autofagia è il digiuno. Ne esistono vari approcci, tra cui quello che ha conquistato la ribalta negli ultimi anni è il metodo del digiuno intermittente.
In fondo digiunare ti richiede di smettere di fare una cosa che stai facendo e non di imparare una nuova routine. Devi solo asternerti dal mangiare per un periodo programmato. Abbiamo già esaminato i benefici per la salute derivanti dall'autofagia cellulare, ma con il digiuno si ottengono ulteriori vantaggi per la salute semplicemente consumando meno calorie.
Negli anni '90, l'idea della restrizione calorica è diventata molto popolare e le persone hanno visto miglioramenti nella loro salute non facendo altro che mangiare di meno. Vi sono molte prove che raccontano che i mammiferi che limitano l’apporto calorico vivono più a lungo dei mammiferi che non lo fanno. Non ci sono prove incontrovertibili che questo abbia lo stesso effetto sull’uomo, ma siamo convinti che limitare e contenere l’apporto calorico non faccia altro che bene, considerata la diffusione capillare dell’obesità nel mondo moderno.
Rifletti, infatti, sulla constatazione che il motivo principale dell'aumento di peso in tutto il pianeta dipende dall’apporto calorico eccessivo senza essere bilanciato da un corrispetivo “consumo” attraverso l’esercizio fisico. Il digiuno per un certo periodo di tempo ti porterà a consumare meno calorie, quindi sei sulla buona strada per perdere peso.
La Dieta Chetogenica
Un altro metodo per attivare l’autofagia è la dieta chetogenica. Si tratta di privare il corpo della maggior parte dei carboidrati che si è usi consumare. Tuttavia, da sola potrebbe non bastare, perché, come sappiamo, l’autofagia, si attiva quando le cellule subiscono uno stress e finchè rimaniamo troppo sendentari o ci rimpinziamo di cibo, il processo catabolico di cui stiamo trattando non si “accenderà”.
Consiglio vivamente di seguire la dieta chetogenica perché l'errore che fanno molti che vogliono innescare l'autofagia sta nel consumare troppi carboidrati nella fase non a digiuno.
Assumere troppi carboidrati potrebbe ostacolare i tuoi proprositi di provazione del cibo, che resta un elemento necessario per dare la spinta decisiva affinchè l’autofagia faccia il suo corso. Non solo, troppi carboidrati si traducono in una grande difficoltà di mantenimento del peso e di rallentamento del processo di invecchiamento.
Esercizio Fisico
Infine, tra i metodi di innesco dell’autofagia cellulare, un posto se lo merita sicuramente l’esercizio fisico. E tra le tante tipologie e modalità di esecuzione, la ricerca spinge verso la scelta di un tipo di allenamento per aumentare la forza. Sottoporre a stress le fascie muscolari è l’innesco necessario per il processo autofagico che andrà a riparare le piccole “ferite cellulari” che si creano.
L’ostacolo è che l’esercizio fisico non è l’attività più attraente per tante persone. Eppure allenarsi in modo costante significa accedere a benefici che vanno anche oltre quelli che ci concede l’autofagia.
E’ provato che tutti quelli che tengono alla propria forma fisica hanno un rischio ridotto di tutte le malattie legate al processo di invecchiamento e alla salute del cuore. Non possiamo sfuggire ad una conclusione: tenersi allenati è la maggior garanzia che abbiamo per invecchiare il più tardi possibile.
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La Combinazione Dei 3 Metodi Per Risultati Di Livello Superiore
Vuoi ottenere il massimo dei vantaggi per la tua salute dall’autofagia? Utilizza una combinazione dei tre metodi di innesco che ti abbiamo appena presentato. Una miscela equilibrata di digiuno, dieta chetogenica e esercizio fisico è un autentico elisir di lunga vita. Un via preferenziale verso il dimagrimento combinato ad una salute di ferro.
Devi trovare la motivazione necessaria per “muoverti” verso una salute che ti faccia esprimere tutto il tuo potenziale fisico e mentale. La "spazzatura" crea sempre disordine e come curi la tua casa affinchè non sembri una discarica, così dovresti focalizzare il tuo impegno affinchè neanche il tuo corpo diventi un accumulo maleodorante di "rifiuti cellulari".
Con l’autofagia avrai un doppio vantaggio: non solo terrai pulito il tuo organismo ma utilizzerai i suoi scarti per renderlo ancora più forte. Una specie di tecnica di “risparmio energetico” che ti porterà a vivere una vita più lunga, più energica e più soddisfacente.
Autofagia: La Scienza A Supporto
Alcune delle ricerche che hanno studiato il fenomeno dell’autofagia cellulare, sono arrivate a conclusioni importanti per la salute generale dell’essere umano. Si è arrivati a presumere che nella comparsa dell’Alzeheimer e del Morbo di Parkinson sia coinvolta la mutazione di un gene che ha il controllo del processo autofagico.
Ma per comprendere meglio dobbiamo accordarci bene sul concetto di mutazione. Con l’avanzare dell’età il nostro DNA viene danneggiato dall’usura. Nel DNA è presente un gene che ha la gestione e controllo dell’autofagia. Se quel gene viene in qualche modo rovinato, il processo catabolico di cui stiamo trattando non funzionerà più in modo efficace perché non riceve più le giuste informazioni.
Di conseguenza il funzionamento cellulare che porta alla costruzione delle catene proteiche va in CRASH. Il risultato sarà un ammasso tossico di proteine inutilizzabili. E spesso si finisce, erroneamente, per confonderlo con il normale e inesorabile processo di invecchiamento contro al quale non si può opporre nulla se non la nostra rassegnazione.
Lo spunto di queste ricerche, invece, dovrebbe essere che ci dobbiamo impegnare ad utilizzare i metodi di innesco dell’autofagia soprattutto nell’avanzare dell’età, in cui la nostra genetica potrebbe essere diventata lenta e difettosa nel dare le giuste informazioni e va stimolata.
Digiuno, dieta chetogenica ed esercizio fisico, le armi per affrontare la battaglia contro l’invecchiamento ci sono.
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Cosa Si E’ Scoperto Finora Sull’Autofagia
C’è stato un tempo in cui gli scienziati non sapevano bene cosa fosse un lisosoma. Fino a quando gli studi di Yoshinori Ohsumi hanno svelato il mistero. Il liososoma è una struttura cellulare alla base di una delle funzioni più elaborate e complesse del nostro organismo.
Stiamo parlando dell’autofagia, quel processo catabolico con cui le cellule, private di “cibo” proveniente dall’esterno, si “arragiano” e vanno a raccattare tossine, organelli inutilizzati e scarti proteici per scomporli e “costruire” qualcosa di nuovo utile per la cellula. Ne abbiamo già parlato ma meglio approfondire.
La Scoperta Del Processo Catabolico Dell’Autofagia
Quando Ohsumi ha iniziato a studiare questo “fenomeno” con un suo gruppo di scienziati, non era supportato dall’interesse del mondo scientifico. Ma dopo aver vinto il Premio Nobel, la sua notorietà cosi come l’interesse per le sue ricerche crebbero.
Ancora oggi si esamina l’autofagia prendendo in osservazione le cellule del lievito, cosi come accadeva nei primi studi negli anni ’60. In un intervista, lo stesso Ohsumi ha affermato che si conosce solo il 30% del funzionamento di questo meccanismo biologico.
Eppure, anche da delle informazioni ancora così incomplete si presume che l’autofagia nasconda dei benefici straordinari per tutte quelle persone che soffrono di cancro e di malattie legate all’invecchiamento.
L’Alzheimer e il Morbo di Parkison non sono le uniche affezioni che potrebbero ricavare degli straordinari benefici dall’azione autofagica. C’è una ricerca che arriva a sostenere che le cellule tumorali associate ad un farmaco in grado di stimolare il processo autofagico, finiscano per ridurre il loro tasso di crescita.
Una conclusione da prendere con la giusta sobrietà per il momento. Inutile costruirsi ora dei castelli di sabbia che non ci permettano di abitarci dentro realmente. Ma oramai sostenere che l’autofagia possegga un potenziale benefico importante per la nostra salute, non è più una conclusione così avventata e scivolosa.
Di seguito ci focalizzeremo sulle tre tipologie di autofagia conosciute ai giorni nostri. Ma prima voglio puntualizzare il concetto di “stress” che intendiamo quando facciamo uso di questo termine.
C’è una sostanziale differenza tra lo stress cellulare che serve da innesco al meccanismo autofagico che intendiamo noi, e lo stress psicologico che sorge davanti ad un’importante scadenza di lavoro, tipico dell’accezione comune del termine "stress".
Non devi entrare in ansia per mettere in moto l’autofagia. Ti basta far “preoccupare” le tue cellule privandole del cibo o sottopondendo il tuo corpo ad intenso esercizio fisico, per far scattare il processo catabolico che porta alla ripulitura del corpo dai rifiuti cellulari e il loro riutilizzo nella riparazione dei danni accusati.
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Microautofagia, Macroautofagia e Autofagia Mediata Da Cherapone
Gli scienziati hanno conoscenza di 3 tipologie di autofagia cellulare:
- Micro: quella più comune che si verifica in tutte le cellule del corpo
- Macro: quella che accade solo nelle cellule specializzate come possono essere i globuli bianchi
- Mediata da Cherapone: è quella più studiata e dove si concentrano le maggiori speranze benefiche per la salute
Quando la ricerca ha mostrato che l’Alzheimer e il Parkinson sono il risultato di un’autofagia inefficiente a causa di un danneggiamento a livello genetico, si trattava di una mancato scambio informativo in un processo di autofagia mediata da cherapone.
Fu una scoperta che portò molta attenzione scientifica sull’autofagia.
Microautofagia
Nella maggior parte delle cellule, come detto, si verifica il micro-processo autofagico dove il liposoma riesce a raccattare gli scarti cellulari senza l’aiuto dell’autofagosoma.
La microautofagia ha finalità ben precise:
- Mantenere l’equilibrio la membrana
- Sopravvivere anche in assenza di nutrienti
- Mantenere intatte le dimensioni di organelli come possono essere i mitocondri
Gli scienziati hanno cercato di analizzare da vicino le modalità con cui una cellula riesce a scomporre il materiale di scarto raccolto. Si è scoperto che l’organismo invia degli enzimi nel lisosoma proprio per attaccare le tossine. Una volta finito il lavoro di scomposizione, il “materiale” che ne è uscito viene utilizzato per produzione di acidi grassi, amminoacidi ecc.
Conoscere questi passaggi dovrebbe aiutarti a visualizzarti proprio come una grande cellula che per sopravvivere in salute deve rinnovvarsi continuamente attraverso l’autofagia. Così come dovrebbe fare ogni cellula del tuo corpo.
Macroautofagia
E il tipo di autofagia che si svolge in celle specifiche che hanno compiti precisi e per questo vengono definite “specializzate”. In questo tipo di autofagia intervengono gli autofagosomi che sono degli autentici “cacciatori” di materiale cellulare di scarto e di tossine. La loro azione si svolge nel citoplasma che è quella sostanza gelatinosa che si trova all’esterno e all’interno della cellula. Tutto quello che raccolgono lo consegneranno al liposoma, lo “stomaco cellulare”.
Il lisosoma rappresenta il punto in cui il processo di macroautofagia prende inizio nella stessa maniera descritta nella microautofagia. La differenza è che nella prima a scomporre il materiale raccolto ci pensa direttamente l’autofagosoma e non il lisosoma. L’autofagosoma, infatti si lega e si fonde nel lisosoma.
La macroautofagia è chiamata anche con il termine di “fagocitosi”. Una definizione usata, soprattutto, per quelle cellule che si imbattono in grandi particelle provenienti dall’esterno e le circondando con l’autofagosoma per tenerle sotto controllo. Successivamente parte lo stesso processo descritto sopra con il trasporto della particella nel lisosoma.
L’autofagosoma, quindi, è quella struttura che, di fatto, differenzia la macroautofagia dalle altre tipologie di autofagia. Non è propriamente un organello, come spesso viene definito, perché non supporta le funzioni base della cellula, ma viene costruito dalla stessa per svolgere azioni fuori dalla cellula. Il suo compito è andare a caccia di materiali da trasportare e scomporre nel lisosoma. Li avvolge in una doppia membrana in modo che non abbiano nessuna possibilità di sfuggire.
Autofagia Mediata Da Chaperoni
E’ l’ultima tipologia di autofagia che manca da descrivere. Ed è l’ultima a essere stata scoperta.
Nell’autofagia mediata da cherapone, l’autofagosoma e il lisosoma non funzionano da soli. Agiscono con il supporto di catene proteiche specializzate.
Queste “catene” hanno un preciso scopo: spostare particelle particolari nello stomaco cellulare (lisosoma).
In altre parole, questa tipologia di autofagia, non è un processo che si proprone di sbarazzarsi di qualsiasi rifiuto cellulare come nella macroautofagia. Qui si è alla ricerca di elementi con particolari caratteristiche.
E’ un processo catabolico che ha destato la curiosità di molti scienziati perché ad esso sembra legata l’origine di determinate malattie. Si sta ipotizzando che l’autofagia mediata da cherapone possa essere essenziale nella prevenzione di alcune malattie proprio perché è un processo specializzato che va a caccia di rifiuti “particolari” per scomporli, sintetizzarli e adoperarli nella costruzione di strutture specifiche in grado di evitare la comparsa della malattia.
Dal laboratorio, finora, è uscito che questo processo è in grado di:
- Svolgere un ruolo essenziale nella riparazione dei geni
- Scomporre particelle particolari
- Mantenere in equilibrio il livello del glucosio
In sé, l’autofagia mediata da cherapone ha molte similitudini con la microautofagia. La differenza sta che nella prima non si scompone solo materiale che sta all’interno e all’esterno della cellula.
Nella microautofagia la cellula scompone tutto quello che ritiene da ostacolo al suo funzionamento. Nell’autofagia mediata da cherapone la cellula va a caccia di elementi particolari nel citoplasma. I geni della cellula contengono delle istruzioni ben precise su cosa cercare.
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Tre Processi Catabolici Per Mantenersi In Salute
Ora potresti pensare che l’autofagia mediata da cherapone, in qualche modo, goda di un’importanza maggiore della micro e macroautofagia. Ma la verità è che se vuoi stare magro e in piena salute devi poter contare sull’efficienze di tutte e tre le tipolgie di autofagia.
Si può dire certo, che l’autofagia mediata da cherapone stimola maggiormente l’analisi degli scienziati, perché, come detto, sembra il processo metabolico maggiormente coinvolto nella comparsa delle malattie neurovegetative. Ma si sta arrivando ad ipotizzate che anche nello sviluppo del cancro ci sia un autofagia mediata da cherapone che non funziona.
Come abbiamo già accenato, questo malfunzionamente viene legato ad un danneggiamento a livello genetico che origina dall’incedere del processo di invecchiamento. Sono, in specifico, i geni che dovrebbero istruire le cellule sullo svolgimento dell’autofagia mediata da cherapone.
In mancanza di queste messaggi, il processo descritto non si svolge e tutte le catene proteiche coinvolte finiscono per accumularsi nel cervello per diventare un ostacolo nocivo per il funzionamento delle cellule neuronali.
Ecco perché stimolare “manualmente” il processo autofagico attraverso il digiuno, la dieta chetogenica e l’esercizio fisico può rivelarsi determinante per la durata e la qualità della tua vita.
Quando parliamo di “attivazione” non stiamo sostenendo che in questo momento, dentro di te, questo processo non stia già accadendo. L’autofagia si verifica in modo costante nell’organismo. Con “attivazione” intendiamo “aumento”. Lo scopo deve essere affinare e rendere efficiente e efficace al massimo questo questo importante processo catabolico.
Per esempio, la ricerca ha dimostrato che con 10 ore di digiuno puoi raggiungere il picco dell’intensità del processo autofagico. Privarsi del cibo per 10 ore è qualcosa che possiamo fare tutti, non è una vetta riservata ai pochi eletti supereroi.
Ovvio che questo sarebbe un primo passo per rendere il tuo corpo una macchina preparata di tutto punto per difendere la propria salute. E più avanti ti spiegherò gli altri passi da compiere.
Autofagia: Le Proteine Chaperone
Microautofagia, macroautofagia e autofagia mediata da chaperoni implicano lo stesso processo: il rilutilizzo delgli scarti cellulari.
Ma l’autofagia mediata da chaperoni ha un ruolo più determinante perché si propone di eliminare in modo selettivo gli scarti proteici ritenuti oramai “pericolosi” per la tua salute. Gli altri processi autofagici rimuovono anch’essi questi elementi, ma solo in modo incendentale, solo se li incrociano sulla propria strada.
Potremmo pensare all’autofagia mediata da cherapone come ad un processo catabolico “intelligente”.
Gli scienziati sono riusciti a circoscrivere la speciale proteina utilizzate nell’autofagia mediata da chaperoni e l’hanno chiamata LAMP-2A, un’abbreviazione per indicare la proteina di membrana associata al lisosoma.
Uno studio condotto sui topi ha rilevato che quando questa proteina era protetta i topi vivevano più sani e più a lungo. E’ uno studio che ci invita a dare importanza all’autofagia come un processo catabolico che ci può mantenere in salute.
Quando si parla di autofagia mediata da chaperoni, dovresti anche riflettere sull’importanza che sembra dimostrare nel tenere sotto controllo il livello del glucosio e nel saper riparare i danni a livello genetico.
Se pensi a come proprio questo ultimo aspetto impatti sul processo di invecchiamento, comprendi il perché dell’interesse specifico degli scienziati su questo particolare processo autofagico.
Nel Parkinson per esempio si pensa avvenga un’eccessiva raccolta di rifiuti proteici che poi si accattastano senza essere scomposti e sintetizzati andando a formare quelle placche cerebrali che sono all’origine della malattia.
Potresti, ora, essere preoccupato di aver già accumulato anche tu troppi rifiuti cellulari inutilizzati. Ricordati però che, in qualsiasi situazione ti trovi, stimolare l’autofagia potrebbe aiutarti a migliorare la tua condizione.
L’autofagia ti permetterà di rinforzare il tuo sistema immunitario, di prevenire le infezioni, di abbassare il rischio di cancro e di contenere al minimo necessatio gli stati infiammatori.
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