Biohacking: Nell’Evoluzione La Spiegazione Dell’Invecchiamento
Questo articolo di propone come un approfondimento di un tema già "toccato" nell'articolo-base sul biohacking e sulle strategie anti-invecchiamento che puoi trovare qui: Biohacking: Viaggio Alla Ricerca Dell'Immortalità
L'evoluzione sarà il tema centrale di questo post perché sono le forze insite nello sviluppo umano le “grandi” responsabili del nostro inesorabile destino: il decadimento verso la morte.
Questo perché l’evoluzione è progredita fondandosi su unica missione centrale: selezionare, in modo lento ma costante, gli esseri umani in modo da renderli sempre più resistenti alle malattie, cercando di eliminare i più deboli prima che abbiano l’opportunità di riprodursi.
In fondo alla Madre Natura, interessa gran poco che tu abbia un cancro o un problema cardiaco quando arrivi a 60 anni: a quel punto, con molta probabilità, avrai già creato una progenie che porterà avanti il tuo corredo genetico e avrai assolto alla tua missione evolutiva.
Ovvio che ci sono delle eccezioni, come i tumori infantili, ma se la tua genetica si porta appresso delle debolezze che mettono a repentaglio le tue possibilità riproduttive, per quanto crudele possa sembrare il concetto, il tuo messaggio genetico è destinato a estinguersi.
Ma se il tuo codice genetico ti ha “consegnato” una predisposizione a contrarre il cancro alla prostata o delle malattie cardiache, continuerà a essere “propagato”, perché non impatterà sulla tua capacità di trasmettere i tuoi geni.
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Biohacking: Teoria Evolutiva E Invecchiamento
Nel preambolo che abbiamo appena fatto ci sta il “succo concettuale” di una delle prime tesi che hanno cercato i motivi del nostro lento “spegnersi” nell’invecchiamento.
Una proposta esplicativa che porta il nome di “Ipotesi di Medawar". Il nome deriva dalla paternità della teoria: Sir Peter Medawar, insigne zoologo britannico vincitore di un Premio Nobel.
Oggi, questa tesi, è più nota con il nome di “teoria dell’accumulo di mutazioni”.
Medawar ha “fondato” le sue convinzione partendo dall'esempio della malattia di Huntington, che in genere non colpisce le persone che ne portano la predisposizione genetica almeno fino a quando non si sono riprodotti.
In altre parole, nel corso dell'evoluzione, gli animali accumulano una serie di mutazioni genetiche, tuttavia sono solo le mutazioni che rimangono in essere passata l'età dell'infanzia a creare problemi. Tutte le altre mutazioni che colpiscono i bambini o gli adolescenti saranno presto eliminate.
Quindi, secondo questa teoria, l'invecchiamento è semplicemente una serie di mutazioni genetiche che sono state trasmesse nel corso della storia.
I Dubbi Sulla Teoria di Medawar
Sebbene questa teoria sia affascinante, nel senso che almeno sostiene l’idea che l'invecchiamento non sia un fatto inevitabile della vita, porta con sé dei dubbi concettuali irrisolti.
Il più ovvio deriva dal fatto che oggi sappiamo che l'espressione genica è molto più precisa di quanto si pensasse in passato quando Medawar propose la sua idea.
I geni sono in genere programmati per esprimersi in una parte particolare del corpo e in un momento particolare della vita di una persona, quindi sarebbe improbabile che gli animali si evolvano con un codice genetico che muta di proposito durante le ultime fasi della vita.
Tuttavia, la “falla” più ampia nella teoria dell’accumulo di mutazioni, l’ha aperta la scoperta scientifica che ha dimostrato l’esistenza di geni specifici dell’invecchiamento che non dipende quindi da “mutazioni”.
Questi geni sono strettamente intrecciati con altri geni e sono presenti in moltissimi organismi, dall’uomo fino ai funghi. Quindi le mutazioni spontanee che avvengono in una specie non possono più spiegare in modo compiuto il processo di invecchiamento.
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Biohacking: La Teoria Della Pleiotropia Antagonista
Il biologo evoluzionista americano George Williams, basandosi sul lavoro iniziale di Medawar, ha quindi proposto l'ipotesi della pleiotropia antagonista, che afferma che ogni tratto genetico benefico ha un costo evolutivo.
In pratica lo studioso afferma che per tutto ciò che ci ha reso una specie robusta all'inizio della vita, pagheremo un prezzo con l’avanzare dell’età.
Secondo questa tesi, invecchiamento e senescenza cellulare sono il “conto” da pagare a chi ci ha “venduto” la fertilità e la capacità di riprodurci in gran numero.
I Dubbi Emersi Su Questa Teoria
Tuttavia il problema principale nell’accettare questa teoria è uno solo: non gode il supporto di risultati positivi da nessuna sperimentazione.
Se esiste una relazione inversa tra longevità e fertilità, allevare un animale affinché viva più a lungo dovrebbe comprometterne la fertilità.
Invece, ad esempio, un esperimento effettuato sui moscerini della frutta ha mostrato come gli esemplari allevati affinché potessero vivere più a lungo diventavano concretamente più fertili e non meno.
E’ vero anche che alcuni altri studiosi hanno cercato di fare un ulteriore passo avanti prendendo lo spunto da questa tesi sull’invecchiamento.
Sono partiti dall’immagine della cartuccia di un toner che ha un’obsolescenza programmata per consentire al produttore di aumentare le vendite, per arrivare a spiegare quella sorte di “autodistruzione pianificata” che sembra incorporata nell’uomo per manifestare lo scopo evolutivo finale: mantenere giovane la popolazione totale per renderla meno debole nel suo insieme.
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Biohacking: La Teoria Dell Corpo Usa E Getta
L'ultima delle principali teorie evolutive è la “teoria del corpo usa e getta” proposta dal biologo Thomas Kirkwood.
L’assunto di base è presto detto: dato che l’uomo ha a disposizione energie limitate, per missione evolutiva, deve dedicarne maggiormente alla riproduzione che al mantenimento prolungato della propria vita. Tra vivere a lungo e riprodursi all’evoluzione interessa più il secondo obiettivo.
La priorità numero uno per un organismo è raggiungere l'età riproduttiva e questa corsa alla maturità sessuale significa che altri processi come il lavoro di riparazione cellulare possono essere sacrificati.
Lentamente nel tempo, questi piccoli sacrifici si accumulano e danno avvio al processo di invecchiamento.
Una tesi che per molti versi sembrerebbe anche plausibile anche se non tiene conto di un “fenomeno” che ha rivoluzionato molte delle convinzioni sull’invecchiamento: la restrizione calorica.
Quello che emerge da molte delle più recenti ricerche sembra sempre più chiaro: mangiare meno allunga la vita.
Ma secondo la tesi appena illustrata dovrebbe succedere il contrario: con meno energie a disposizione dovremmo invecchiare prima visto che le dovremmo occupare tutte per lo sforzo riproduttivo.
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